Il ministero del nostro arcivescovo, mons. Andrea Bruno Mazzocato, ha avuto sin dall’inizio la caratteristica di essere basato sullo studio, l’approfondimento, l’ascolto, la meditazione e la preghiera della Parola di Dio.
È certamente un elemento fondante del magistero e della vita delle comunità cristiane, che tutti noi dovremmo avere costantemente presente.
Una delle mie preoccupazioni in effetti è stata sempre quella di come noi sacerdoti proponiamo la riflessione sulla Parola ai nostri fedeli durante le omelie e nelle varie celebrazioni.
Sappiamo che sarebbe sbagliato ridurre la comunicazione della Parola di Dio alla sola predicazione, e quanto sia importante per la catechesi, per la pastorale, per la liturgia, per la vita spirituale di ciascuno.
Benedetto XVI ci ha aiutato ad approfondire il metodo di approccio alla Parola di Dio invitandoci a non utilizzare solo il metodo storico, ma a integrarlo con la lettura e l’esegesi spirituale. Eppure assistiamo a difficoltà profonde nella proposta e nell’ascolto della Parola di Dio. Ascoltiamo omelie di ogni tipo: oltre a ottime omelie, leggiamo anche proposte sempre più povere e standardizzate,certi siti internet sono esempio di quante omelie sarebbero da non utilizzare. Assistiamo a esibizioni poco edificanti, vediamo in TV letture del Vangelo di genere poetico ma senza tanti contenuti, tipiche di una religiosità “liquida”, senza riferimenti solidi.
Perché tutte queste difficoltà?
Esiste un problema della comunicazione ecclesiale? In passato la chiesa è sempre stata maestra di comunicazione, ora sembra in grosse difficoltà nonostante la grande crescita delle comunicazioni degli ultimi due decenni.
Oggi il discorso su Dio deve essere riformulato sia nella preparazione della presentazione che nei contenuti. O meglio, i contenuti hanno bisogno di nuove forme. Ma indubbiamente non basta essere capaci di nuove forme, anche se accattivanti, per dire che i contenuti abbiano nuova forza,
Da tempo siamo avvertiti di non essere solo dei costruttori di nuove forme, magari vuote di contenuti, come pure di non essere venditori di religiosità secondo le nuove forme della pubblicità. Restano le difficoltà di quanti hanno il compito di un discorso su Dio e sulla Parola.
Alcune difficoltà sono legate alle persone incaricate della comunicazione stessa: per impreparazione di base, per scarsità di tempo dedicato alla preparazione, per poco spirito, per poca logica.
Altre volte perché la comunicazione religiosa viene usata e interpretata come intrattenimento religioso dove l’annuncio evangelico diventa secondario e superfluo. Poi perché, nella comunicazione religiosa, mancano obiettivi e scopo della comunicazione stessa, come se il discorso religioso fosse un discorso sul nulla.
Altre volte si tratta di esibizionismo e di narcisismo del comunicatore, e ciò rende insignificante il messaggio religioso.
In altre occasioni ci accontentiamo del sentimentalismo o del moralismo religioso, pensando che questo sia contenuto e sostanza della fede stessa.
Si tratta di una tendenza che si è accentuata nei nostri tempi: la s’incontra con certa frequenza in celebrazioni per gruppi ecclesiali particolari, in santuari, in certa predicazione radiofonica o televisiva. Certo che è sempre più difficile ascoltare discorsi religiosi che siano attrattivi, sostanziosi, coinvolgenti, appassionanti e convincenti. Anche quando sono ben costruiti sul piano didattico e intellettuale, mancano spesso della interpretazione e della lettura spirituale. Quando poi il discorso religioso cade nel didatticismo si può dire di esso ciò che è stato detto di certa cattiva teologia: “risponde in modo più o meno chiaro a domande che nessuno pone e che a nessuno stanno a cuore”. In questo caso il discorso diventa irrilevante rispetto alla vita.
Se a questo aggiungiamo la impreparazione a livello di comunicazione per la povertà di una seria preparazione retorica, teorica e pratica, nel curriculum di studi dei futuri evangelizzatori, aggravatasi dopo la riforma conciliare e solo di recente un po’ riconsiderata, tutto fa sentire il suo peso.
Cosa aspettarci allora dalla proposta della Parola di Dio e dalla omiletica di oggi?
Che sia una meditazione, pregata e riflettuta, sulla Parola di Dio,
che sia parte propositiva e integrante della vita spirituale degli uomini di oggi,
che non sia solo informazione, ma forza di Dio che trasforma e dà vita.
Che le meditazioni, le prediche, le riflessioni religiose siano di qualità che nascano da un vero parlare con Dio, da un atto “sacramentale” che attualizzi la presenza misteriosa di Dio.
La Vergine Maria ci insegna come ascoltare, meditare, custodire, vivere la Parola di Dio. Viviamo del suo esempio.
p. Cristiano
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