La chiesa cattolica fatica più che in altri tempi ad essere presenza profetica nella società, e se guardiamo alle altre chiese cristiane non vi troviamo situazioni più entusiasmanti. Che esista una crisi della chiesa cattolica, specie nel mondo europeo e nord americano, è un fatto abbastanza evidente. Crisi di vocazioni, crisi di testimonianza, crisi di credibilità: probabilmente tutte parti di un’unica crisi, la crisi di spiritualità del nostro mondo.
Una crisi amplificata in questi tempi dagli attacchi diretti al Papa per presunte coperture e ritardi nell’affrontare problemi gravi, anzi gravissimi. Certo, gli abusi sessuali e di pedofilia da parte di un gruppo, per fortuna molto ristretto, di sacerdoti diocesani e religiosi (0,03% del clero negli USA secondo un rapporto governativo), sono sempre da condannare e da fermare con ogni mezzo. Certamente la chiesa da questo punto di vista, come pure su altre tematiche, deve trovare e percorrere vie nuove di conversione e di autenticità, oltre a quelle già significative avviate da papa Benedetto XVI.
La mia idea è che la crisi sia però ben più vasta di quanto si percepisca ordinariamente e che abbia origini ben lontane. C’è una crisi della chiesa cattolica che è dentro e parte di una crisi ben più vasta che coinvolge tutto il nostro mondo occidentale.
Ho ormai un’esperienza discretamente lunga e intensa all’interno della chiesa per poter dire qualcosa in proposito.
Non sono certo tra quelli che fanno risalire al Concilio Vaticano II ogni forma di decadimento della chiesa, quasi fosse la fonte della crisi attuale. Sono cresciuto come giovane frate studente durante il Concilio, vissuto con grande speranza e attesa, e sempre considerato come tempo fortemente ispirato e santo per tutta la chiesa. A Concilio terminato già da qualche anno, nel 1972, ho sostenuto gli esami per il sacerdozio, ancora basati esclusivamente sul concilio di Trento, come se il Vaticano I e il Vaticano II non fossero mai stati celebrati. Ho vissuto l’epoca delle messe beat, del lavoro e del sindacalismo dei preti operai, dell’antimilitarismo e dell’anticlericalismo degli anni ’70 e ‘80. Allora sono stato considerato tra i cosiddetti preti di sinistra, nonostante non mi sia mai sentito tale, anzi ritengo che un sacerdote vero non possa e non debba mai essere etichettato in alcun modo, se non come uomo di Dio. Ma questo era il tempo del primo post-concilio. Abbiamo letto e studiato tutto quello che veniva dal di fuori dei canali e delle istituzioni ufficiali. Ci siamo abbeverati a tutte le fonti, senza considerare che forse rischiavamo di perdere la capacità di accostarci alla vera fonte di vita.
Penso che più che nel Concilio Vaticano II, o nella sua mancata realizzazione, la causa della crisi della chiesa debba essere cercata altrove: nella perdita di riferimenti alti, di valori spirituali autentici, di quelli che vanno sempre oltre il tempo, riferimenti che le nostre generazioni sembrano aver perduto. Certo non ci sono mancate persone di riferimento, rappresentanti di una generazione profetica della chiesa, da papa Giovanni XXIII a Paolo VI, da p. Balducci a p.Turoldo, da La Pira a Dossetti, da mons.Tonino Bello a Madre Teresa di Calcutta, per dire solo di alcuni. Forse è anche per questo che siamo rimasti nella Chiesa mentre tanti hanno lasciato. I riferimenti sono importanti, perché quando mancano o sono scadenti, tutta la vita ne risente; se poi seguiamo cattivi maestri il risultato è davvero disastroso. E di cattivi maestri ne abbiamo visti e continuiamo a vederne tanti. Dobbiamo discernere tra cattivi e buoni maestri, cercando di risalire sempre all’unico Maestro, il Cristo.
Sbagliando, abbiamo seguito idee sociali e politiche, abbiamo considerato che certe istanze che venivano dall’area liberal o radical-chic del nostro mondo occidentale fossero un bene anche per la chiesa. Abbiamo ritenuto che quanto veniva dal laicismo non era poi così negativo, che essere all’avanguardia nel pensiero e nell’azione potesse significare di essere sganciato e autonomo rispetto alle radici del Vangelo. Ci siamo ritrovati senza difficoltà nella postmodernità e nella globalizzzazione, siamo persone capaci di vivere in ogni paese di questo pianeta senza considerarci degli spiantati, ma non ci siamo accorti che il cammino non conduceva da nessuna parte, che facevamo un cammino senza futuro. Anzi il futuro proprio non ci interessava, ci bastava il presente. Non solo, ci siamo ritrovati in un mondo che può vivere di religione anche senza Dio. Questo ultimo è forse l’elemento principale da cui deriva la crisi religiosa e spirituale del nostro tempo.
Così abbiamo visto clero e religiosi abbracciare e condividere teorie e ideologie antropologiche e sociali come fossero i nuovi approdi dello spirito. Abbiamo confuso ricerca edonistica, intellettuale e non, con ricerca spirituale.
Abbiamo vissuto tentativi di aggiornamento e di riqualificazione, ma senza prospettive, abbiamo gestito operazioni di ristrutturazione negli istituti religiosi e nelle loro presenze nel territorio, ma con il solo l’obiettivo reale della sopravvivenza e non della profezia.
Abbiamo visto seminari accogliere qualsiasi candidato pur di avere qualcuno avviato al sacerdozio e alla vita religiosa. Abbiamo visto riapparire la carriera ecclesiastica come proposta di futuro, anziché il servizio al Vangelo e alle comunità cristiane. Abbiamo assistito sbigottiti a scene di outing di omosessualità e di altre forme simili di eccentricità pubblicizzate come conquiste e vittorie dei nostri tempi.
Abbiamo visto il formarsi di lobbies che hanno occupato i ruoli di governo anche all’interno della chiesa. Con la conseguenza che sono stati eletti superiori o anche vescovi persone non certo esemplari dal punto di vista evangelico. Abbiamo visto rettori di seminari teologici, responsabili della formazione di nuovi sacerdoti, che non credevano nel sacerdozio ministeriale, lasciati al loro posto per anni. Con la conseguenza che i novelli sacerdoti che uscivano da quei seminari erano assolutamente inadeguati e impreparati al ruolo e alle scelte della vocazione sacerdotale.
Ne abbiamo viste di situazioni non certo degne di menzione, e tante le abbiamo segnalate, pur se con scarsissimi risultati.
Nel contempo ci siamo quasi dimenticati di quanti hanno continuato a vivere in modo autentico, e a questo punto direi anche eroico, la propria scelta e vocazione: molti sacerdoti e molti religiosi, certamente la stragrande maggioranza di loro, hanno vissuto e vivono nella testimonianza della fede, della speranza e della carità. E’ un dato importante, ma il nostro mondo sembra non accorgersi di loro.
Emerge soprattutto il male, perché? Per ricordarci che siamo tutti peccatori e per giustificare ancora una volta il male?
O forse perché non siamo capaci di diffondere il bene? Sì, forse non siamo bravi comunicatori, come non siamo bravi ascoltatori. O forse non abbiamo contenuti da comunicare? Penso di sì, specie se guardo alla qualità della maggioranza delle nostre prediche e di certe trasmissioni radio-televisive. Per fortuna che la fede delle comunità cristiane non dipende dalle nostre prediche!
Quale è il motivo per cui la Chiesa ha atteso così a lungo per intraprendere un’opera di profonda purificazione? Perché tante situazioni si sono protratte a lungo senza prese di posizione precise? Da più parti si accusa la Chiesa Cattolica di aver protetto e nascosto i propri mali. In qualche situazione è risultato vero, ma ordinariamente non si è voluto nascondere il male o coprire i colpevoli. Le denunce interne non sono mancate, ma nella chiesa non si usano i criteri dei giornali scandalistici. La chiesa non si muoverà mai secondo le logiche di quanti, giornali e conduttori televisivi, vivono di pubblicità e soldi attraverso la enfatizzazione degli scandali. La Chiesa e il Papa non rispondono e non devono rispondere ad alcun giornale scandalistico. Giustamente il Papa ha detto che non si lascia intimidire dal chiacchiericcio, né tanto meno si lascerà intimidire dalle lobbies laiciste.
Credo che all’interno della chiesa la causa sia da ricercarsi in una errata interpretazione della carità. Non a caso Papa Benedetto XVI ha dedicato a questo tema due delle sue tre encicliche, sottolineando il problema del rapporto della carità con la verità, la giustizia, lo sviluppo dell’uomo.
Dove sta l’errore?
San Paolo dice: la carità tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta
(1 cor 13,7). E’ vero. Però seguendo il testo di Paolo alla lettera abbiamo permesso che certi mali invece di essere trasformati e superati, si radicassero quando addirittura non venissero giustificati e approvati. Così abbiamo sopportato il male, lo abbiamo anche accolto, ma senza un cammino di conversione. Certo la carità copre tutto, certo che copre una moltitudine di peccati (1 Pt 4,8), ma dentro un cammino di conversione continua, di identificazione e di isolamento del male, non di giustificazione dello stesso.
Perché la crisi affrontata dalla chiesa e dal Papa non ottiene risultati soddisfacenti, anzi fa così fatica a essere capita e condivisa? Diamo per scontato che il mondo che vede nella chiesa cattolica un nemico da combattere troverà sempre motivo di contrasto, di opposizione, di guerra. Avremo sempre dei nemici del bene, del vero, del bello.
Ma forse ci sono nemici anche all’interno della chiesa stessa.
I fatti relativi a Papa Benedetto XVI dicono chiaramente quale sia la linea da lui scelta: è stato il primo a parlare pubblicamente di necessità di pulizia dalla sporcizia, e il primo a dire che la caduta di Cristo sotto la croce nella via crucis era causata dai mali presenti nella chiesa stessa. Il primo a mettere in atto, sin dall’inizio del suo pontificato, scelte, atti e persone che facessero parte di un progetto di pulizia nella chiesa: i visitatori inviati in tutti i seminari europei e in tutte le congregazioni femminili statunitensi, il commissariamento dei Legionari di Cristo e alcuni ricambi nella stessa curia romana sono dei fatti molto significativi.
La sua azione è di grande pulizia, e forse questo crea reazioni ostili anche all’interno della stessa chiesa cattolica, o anche da altre chiese cristiane che si sentono magari messe in difficoltà da questa capacità e intelligenza.
Per questo credo che certe reazioni e certi attacchi siano in qualche modo almeno ispirati da ambienti interni alla chiesa stessa. Ci sono ambienti che non vedono la urgenza e la necessità della conversione e della pulizia. Ci sono ambienti che vogliono rimanere nella sporcizia.
Penso si tratti di quanti non sono disposti a mettersi in discussione e a intraprendere un cammino di vera conversione. Sono quelli che hanno desunto dalla politica il termine di “nuovi crociati” caricandolo di significato negativo per etichettare quanti ripropongono la bellezza della Chiesa purificata dal sacrificio del Cristo. Così si mistifica e si distrugge l’opera di purificazione dall’interno della chiesa stessa. Credo si tratti di quanti non sanno distinguere tra il fatto di essere nel mondo e il dovere di non essere del mondo.
Per questi ambienti l’azione del Papa è di grande disturbo.
Credo che l’opera dell’attuale pontefice sia precisa e illuminata e preparatoria di un futuro della chiesa molto più significativo di quanto lo sia oggi. Azione preparatoria di nuovo futuro, quindi.
Quale futuro per la chiesa in Europa e nel nord America?
Sarà un futuro a partire dalla constatazione e dal successivo superamento della crisi del nostro mondo che ha estremo bisogno di una ripresa spirituale. Un mondo senz’anima non ha futuro, per questo dobbiamo preoccuparci di questo aspetto, dell’anima del nostro mondo.
Un’Europa e un nord America come sono attualmente non hanno futuro.
Il Papa ha detto giustamente che c’è bisogno di un nuovo esodo, che liberi ancora dalle schiavitù, porti alla scoperta e al riconoscimento della continua opera di salvezza operata da Dio. E’ necessario convertirci dalla convinzione, molto nord-occidentale, che sia l’uomo a salvare l’umanità.
Conseguenze pratiche e logiche saranno la formazione dei nuovi sacerdoti e la scelta di nuove guide, vescovi e superiori maggiori. Se un giorno di qualche anno fa il card. Ruini ebbe a dire che bisognava trovare criteri e modi nuovi nella scelta dei vescovi significava che si avvertiva fin da allora la necessità di nuove strade e nuove scelte.
Ma le scelte più qualificanti dovranno venire dalla spiritualità, cercata e vissuta in modo radicale e nuovo, basata su un ascolto attento e fedele della Parola e della Tradizione della Chiesa; dovranno venire da una pastorale che non costruisca solo eventi, ma soprattutto percorsi spirituali e comunità di testimoni. Dalla fede, dalla speranza e dalla carità rinascerà il cristianesimo per una nuova Europa.
Il futuro della chiesa sarà certamente lontano dalle mode, ideologiche o politiche o morali, del mondo laico e laicista. Sarà lontano anche da forme di clericalismo, sia vecchie che nuove.
Sarà caratterizzato più dallo Spirito che non dalle teologie o dalle politiche stesse della chiesa.
Sarà luminoso perché non sarà costruito dall’uomo, ma da Dio stesso. Allora riscopriremo una nuova primavera, allora vedremo un cristianesimo vissuto e testimoniato con coerenza, allora vedremo l’Europa e il nord America nuovamente guide nel mondo, perché avranno riscoperto la via della spiritualità. Di questo ne siamo certi. E grazie al cielo la guida di questi tempi è Papa Benedetto XVI.
p. Cristiano
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