Venerdì 19, alle ore 20,30, nel salone del chiostro della Beata Vergine delle Grazie, per iniziativa di GrazieCultura in collaborazione con Forum Editrice Universitaria e con il Dipartimento di Lingue e Civiltà dell’Europa Centro-orientale dell’Università di Udine avrà inizio Storia e storie, un ciclo di presentazione di libri della collana OltrE.
Nata nell’ambito di un progetto culturale di ampio respiro che l’Università di Udine sta realizzando da alcuni anni allo scopo di promuovere la ricerca, la didattica e la divulgazione culturale di alto livello su temi relativi alle culture dell’Europa centrale e centro-orientale, la collana OltrE, diretta da Annalisa Cosentino e Luigi Reitani, propone una selezione accurata di testi letterari (narrativa, poesia, saggistica) prevalentemente relativi alla seconda metà del Novecento o recentissimi, accomunati dall’indubbio valore intrinseco. L’attenzione per la cultura mitteleuropea è il presupposto del recupero di tutte le componenti di una tradizione culturale percepita fino a pochi anni fa erroneamente come diversa o separata nell’ambito della cultura europea strettamente “occidentale”, più familiare a un lettore italiano di media ma talvolta anche elevata cultura.
Il primo appuntamento prevede l’intervento introduttivo del professor Luigi Reitani e la presentazione del romanzo Vicino a Jedenew del tedesco Kevin Venneman e della silloge poetica Corre voce ovvero La morte ci attendeva altrove del ceco Ivan Wernisch; a parlarne saranno i rispettivi traduttori, Marco Rispoli e Anna Maria Perissutti: un’altra caratteristica fondamentale della collana è infatti l’attenzione dedicata alle traduzioni, sempre controllate con competenza letteraria e filologica.
E’ un’esperienza insolita ed eccitante la lettura di Wernisch, poeta bricoleur che della lirica propria e altrui fa oggetto di combinazioni e ricombinazioni continue, affidando agli accostamenti e alle contestualizzazioni le molteplici variazioni e ridefinizioni semantiche. Singolare poetica, che solo per approssimazione si può definire avanguardista, dadaista, surrealista: solo suoi sono certi stilemi, solo sua certa maniera che soddisfa a più livelli il gusto delle giustapposizioni, il gioco degli accostamenti, la scaltra dissonanza dei registri, la decostruzione preventiva. Troviamo, nelle sue raccolte, versi e prose e prose versificate, microdrammi e ciniche parabole zen, meteore liriche dalla brevità degli haiku e un’aneddotica straniata, pseudo-canti etnici e miti di impenetrabile suggestione, attacchi a letterati e poeti del suo paese e omaggi a oscuri stranieri. Al gioco intricato e sorprendente dei temi corrispondono modularità interne e reciproche, permutazioni che si ripercuotono sul senso o semplici – si fa per dire – riconfigurazioni caleidoscopiche, che culminano nelle Otto poesie schematiche per Josef Hiršal: due quartine, otto versi, otto oggetti elencati a catena, ciascuno d’essi che a rotazione diventa titolo del medesimo testo. Non mero manierismo: i brevi idilli raggelati sono comunque suggestivi, le prose lette in serie o in abbinata coi versi delineano intenzioni e tensioni forti (le storielle sul traditore Sabina, ad esempio, rovesciano il giudizio morale, ridicolizzando i meccanismi vittimari); nella seconda parte – cui ci introduce il dio Anubi – le più lunghe liriche sulla guerra sono permeate di tranquillo orrore, di sottile disperazione, di macabra normalità, assurgendo a denuncia estrema; ma ancora l’autoironia si sfrena (in Questo) in ambiguo understatement che provoca il lettore. Un bel libro, anche dal punto di vista grafico; le fotografie di Michal Šanda sono un buon analogo delle variazioni del poeta.
Straordinariamente coinvolgente è Vicino a Jedenew, un romanzo in cui la favola s’intreccia con la violenza della storia. Due sorelle gemelle sedicenni, Anna e la narratrice, nascoste nel loro piccolo rifugio tra i rami di un albero, assistono alla distruzione del loro universo da parte dei contadini di Jedenew (jeden in tedesco significa ogni) che bruciano, che uccidono, cantando. Siamo alla fine degli anni Trenta, in Polonia; con l’avanzata delle truppe tedesche la fragile armonia che regnava nella piccola comunità rurale si è spezzata, e gli ebrei sono perseguitati con improvvisa violenza. Il racconto dei fatti orrendi che si svolgono sotto i loro occhi si mescola il ricordo della felicità infantile: le scampagnate, i giochi, i sogni delle bambine. La felicità familiare in frantumi, un veterinario ebreo calunniato, la fine dell’innocenza: il racconto di Venneman, tra realtà e fantasia, sprofonda il lettore negli incomprensibili meccanismi dell’orrore umano con una scrittura lirica e raggelante di grande intensità, che è stata paragonata a quella di Sebald e di Kafka.
Mario Turello
Dal Lunedì al Venerdì:
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