La solennità di Pentecoste conclude il tempo liturgico della Pasqua. Da Pasqua sono trascorsi cinquanta giorni durante i quali abbiamo meditato e celebrato il grande evento della risurrezione di Gesù: è il tempo “forte” attorno al quale è imperniata tutta la vita cristiana.
La liturgia, cioè le celebrazioni della Chiesa, ci invita a riflettere su questo avvenimento fondamentale: o crediamo che Gesù è risorto, e quindi ci apriamo al futuro con serenità e pace, oppure soccombiamo sotto i nostri problemi e le nostre ansie, e davanti a noi c’è solo la tragicità del momento, come ci viene continuamente presentata dai telegiornali.
Il periodo pasquale è la primavera della vita cristiana, come nelle stagioni deve essere il tempo dove tutto sboccia, riprende vita, si gonfia di linfa vitale e colori nuovi: nel cuore sentiamo una vita nuova che esce dal sepolcro di noi stessi, dal buio della nostra vita per illuminarci della luce di Cristo Risorto e rifiorire grazie a Lui.
Vivere la fede in Gesù non ci risolve i nostri problemi quotidiani, soprattutto quello del lavoro dignitoso per tutti, per coloro che hanno una famiglia e per i giovani che devono costruirsene una, ma ci permette di affrontare gli stessi con spirito diverso, più sereno e maggiormente capace di discernere i momenti favorevoli e i passi giusti da compiere.
La liturgia, cioè la celebrazione della messa e dei sacramenti, ci introduce al mistero di Cristo vivente nella Chiesa: i “segni” che si compiono nelle celebrazioni del battesimo, versare acqua sulla testa, ungere il capo della persona che riceve la cresima, o prendere la particola di pane azzimo e un po’ di vino, sarebbero “segni vuoti” se la Parola di Gesù e lo Spirito Santo non trasformassero le stesse cose materiali in “misteriosa presenza di Dio”.
A queste realtà ci si accosta solo con la fede nel Signore, altrimenti non celebriamo “il mistero”, ma una cerimonia, un rito che annoia.
Alcune persone vengono alla Messa domenicale per abitudine e, tra uno sbadiglio e l’altro pensando alle proprie cose, aspettano solo che il celebrante dica “andate in pace”, ma se si chiede quale vangelo è stato proclamato, non lo sanno dire; altre vengono per tradizione: non è male continuare a partecipare, ma è necessario mettere anche un pochino di cuore, fare un passo in più per cogliere lo spirito della celebrazione che è “presenza di Dio”.
Da parte di qualche sacerdote c’è la tendenza a trasformare la chiesa in un’aula universitaria per esporre le proprie analisi culturali, e viene applaudito, ma proprio l’altro giorno papa Francesco ammoniva dal fare del pulpito il luogo della cultura cristiana: Gesù parla molto semplicemente e rivela il “mistero di Dio” con la dolcezza di chi vive a contatto con il Padre e con il gregge, sentendo l’odore delle pecore.
L’intelligenza del “mistero”, è dono dello Spirito Santo, che continuamente opera in noi e non ci lascia soli, Spirito Consolatore e Guida nel cammino della vita. E’ la Pentecoste!
p. Francesco – Parroco
Dal Lunedì al Venerdì:
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Dal Lunedì al Sabato:
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