L’espressione “venne all’improvviso un rombo dal cielo” di Atti 2, 1 presenta quanto è successo agli Apostoli in quell’ultimo giorno del tempo della pentecoste, ossia al termine dei cinquanta giorni dalla celebrazione di Pasqua. Per comprendere meglio questo fatto eccezionale, confrontiamo il libro dell’Esodo con gli Atti degli Apostoli, come certamente ha fatto Luca.
Dopo l’ascensione al cielo di Gesù, gli Apostoli tornano a Gerusalemme e si radunano in casa “nella stanza superiore dove erano soliti riunirsi”, perseveranti e concordi nella preghiera, “insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù” (cf. At 1, 13-14). All’improvviso “venne dal cielo un fragore, quasi un vento impetuoso e riempì tutta la casa dove erano seduti”(cf At 2,2). L’immagine richiama la grande teofania del Sinai, come molti studiosi hanno messo in evidenza, e manifesta la presenza di Dio.
Meditando questa pagina, ci si domanda quale legame esista tra la teofania di Dio al Sinai quando si celebra l’antica Alleanza e il dono della Torah, e qui sul finire del tempo di Pentecoste quando, pur con le caratteristiche dell’antica manifestazione divina, non si celebra alcuna Alleanza, ne si offre alcuna legge.
Confrontiamo alcuni elementi visivi che il testo di Esodo 19, 16-19; 20,18 presenta allo sguardo attento di Luca, autore del libro degli Atti. Scorrono le immagini di Esodo: “lampi e tuoni, nube densa e rumore fortissimo” e “tutto il monte tremava”, e Luca in Atti descrive un “fragore che viene dal cielo quasi un vento che si abbatte impetuoso, che riempì tutta la casa” e “lingue di fuoco” che scendono su ognuno degli Apostoli. Le immagini, con alcune varianti, sono le stesse. Le lingue di fuoco “si posano” sugli apostoli, è scritto nella traduzione nostra, ma il termine originario dice che le lingue di fuoco “si siedono o stanno” sugli apostoli: lo Spirito prende possesso stabilmente degli Apostoli, facendo di essi la sua casa, e come i discepoli erano “seduti in casa”, così ora lo Spirito “si siede su di loro” che diventano la sua casa, e questa è la Chiesa.
In Esodo il popolo è presente per accogliere la Legge di Dio, stabilire l’Alleanza e diventare il popolo di Dio, ma nonostante l’elezione, deve mantenersi a distanza con grande timore a motivo dei peccati, e sul monte sale soltanto Mosè che vi ridiscenderà con il volto raggiante (Es. 34, 29). Anche nel cenacolo ci sono solo i Dodici e le donne con Maria, mentre il popolo sta fuori, lontano, e come in Esodo, sente il rombo e s’interroga sul significato, restando in attesa della rivelazione di Dio, e su quella casa, la Chiesa, scende lo Spirito di Dio, come fuoco.
Gli elementi visivi di Esodo e di Atti indicano la Presenza di Dio, però con una importante differenza: in Atti non si celebra ne si rinnova alcuna alleanza, e i simboli che nell’AT indicano potenza e dominio da parte di Dio, sono ora strumento della rivelazione dell’opera compiuta da Gesù Cristo il Risorto, secondo le sue parole: “Aprì loro la mente per comprendere le Scritture… e nel nome del Signore saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati” (Lc 24, 45s). In Atti la Potenza di fuoco che purifica e trasforma, “siede” sulla testa degli Apostoli, e fa di essi la sua casa, rendendoli partecipi della vita divina: questi uomini sono ora figli con il Figlio, partecipi dell’opera compiuta da Gesù, e i discepoli, noi tutti Chiesa, siamo la stabile dimora dello Spirito Santo nell’intimità della famiglia divina. Ogni uomo che accoglie l’opera compiuta da Gesù, diventerà “casa di Dio”, “suo tempio”, Chiesa nella quale adorare il Padre in spirito e verità (Gv 4,24).
In Esodo ai sacerdoti e al popolo viene proibito di salire sul monte della rivelazione “altrimenti il Signore si avventerà contro” (Es 19, 24), mentre le fiamme di fuoco che indicano la Presenza dello Spirito Santo di Dio sugli Apostoli dona loro “il potere di esprimersi nel modo che lo Spirito dava loro” (cf. At 2, 4).
Il linguaggio, «la parola», è il modo eccellente di esprimersi di Dio. Nell’AT la prima parola di Dio è “sia la luce”, ed è il primo dono all’umanità.
Nel vangelo di Giovanni la parola di Dio diventa uno di noi, “la Parola si fece uomo” (Gv 1,14).
Ora la potenza dello Spirito santo di Dio, grazie all’Incarnazione, prende dimora stabile in uomi-
ni che comunicano al mondo la grande opera che ha compiuto il Signore, la salvezza donata a tutti con la dolcezza e soavità della sua Parola.
E’ infinitamente più dell’antica Alleanza: in essa l’avvicinarsi dell’uomo a Dio avveniva in modo misterioso nella Tenda avvolta dalla nube (Es.38, 21), ora è la Parola stessa di Dio che ci viene incontro, e siccome la Parola è ciò che significa, quando accogliamo la Parola, accogliamo Dio stesso nella sua realtà: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). Lo Spirito santo disceso sugli Apostoli continua l’opera di Gesù: “mando su di voi Colui che il Padre mio ha promesso” (Lc 24,49), e l’uomo diviene figlio di Dio, suo nuovo tempio e sua dimora, luogo della sua manifestazione al mondo.
p. Francesco – Parroco
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