di p. Francesco M. Polotto, OSM
Nel tempo di quaresima e della pasqua cristiana, il mio pensiero va con gioia alla pasqua ebraica raccontata nel libro dell’Esodo, quando il popolo d’Israele si riuniva per fare “memoria”, con il capretto arrostito, le erbe amare e le focacce di pane azzimo, e per celebrare l’uscita dalla schiavitù dell’Egitto per incamminarsi, attraverso il deserto, verso la libertà e la terra promessa. Per i nostri fratelli maggiori, gli ebrei, la pasqua, l’uscita, indicava il cammino verso la terra che Dio aveva promesso ai padri: è stato un cammino di fatiche, di pericoli e infedeltà attraverso il deserto, ma con la certezza che Dio è fedele e mantiene la sua Parola.
Il popolo d’Israele vive questa esperienza con intensità ed entusiasmo aprendosi al futuro. Israele è il popolo della speranza.
Per noi cristiani la pasqua è l’uscita da un passato di schiavitù e di peccato per intraprendere la vita nuova in Cristo.
Celebrare la pasqua di Gesù significa aprire la vita al futuro, diventare “popolo della speranza”, sapendo che il Signore è con noi “tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Matteo 28,20). Certamente anche noi dobbiamo percorrere i deserti della storia e della vita personale, anche noi facciamo l’esperienza del peccato e della morte, ma con la certezza che tutte le parole del Signore sono verità.
Apriamo il cuore allo Spirito Santo nella Pentecoste: è lo Spirito di Gesù che ci fa capire il significato della Pasqua e ci conduce lungo i sentieri della storia attraversando i nostri deserti fino ad incontrarci con Lui.
Buona continuazione della gioia e della grazia pasquale.
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