Essere cristiani significa essenzialmente credere nel Signore Gesù risorto dai morti.
Gesù, secondo le Scritture (1Cor 15,4), è risorto il terzo giorno. Il terzo giorno non è una data teologica, ma si riferisce a un fatto preciso: la scoperta da parte dei discepoli della tomba vuota. E questa tomba vuota, da sola, non basta a dimostrare la risurrezione. Il terzo giorno si riferisce infatti anche al primo incontro con il Cristo risorto, l’incontro con le donne e i discepoli.
Ma quale Gesù è risorto e quale esperienza di risurrezione fanno i discepoli e le donne?
Gesù non è tornato alla vita biologica per dover nuovamente morire; non è un fantasma o uno spirito, non è uno che appartiene al mondo dei morti. È persona nuova: i discepoli e le donne non lo riconoscono facilmente, ognuno ha infatti bisogno di un modo particolare di incontro e di scoperta.
Gli incontri che Gesù risorto ha con i suoi non sono esperienze mistiche che i discepoli fanno per esperimentare e percepire il divino e l’eterno di Dio in Gesù risorto. L’apostolo Paolo distingue molto bene le sue esperienze mistiche (confronta 2Cor 12,1-4) dall’incontro con il Risorto sulla via di Damasco.
Gli incontri del Risorto sono veri avvenimenti, incontri con una persona vivente, sono incontri che avvengono nella storia, ma che trascendono la storia.
I nostri linguaggi faticano a comprendere la risurrezione. Si può provare con il linguaggio analogico oppure con quello metaforico, ma sono sempre molto limitati. Maggior fatica facciamo se usiamo il linguaggio razionale, peggio se ci limitiamo al linguaggio puro della scienza. Il fenomeno religioso ha bisogno di linguaggi più appropriati per essere compreso. Ad esempio potremmo considerare la risurrezione come un salto di qualità che apre nuove dimensioni di vita, dove la materia stessa viene trasformata in una nuova realtà vivente totalmente nel divino e nell’eterno, così diceva ad esempio Tertulliano, uno dei padri della chiesa.
Certamente la risurrezione non consiste nella banale rivitalizzazione di un morto, ma si tratta piuttosto della creazione di un nuovo stato di vita, dell’essere pienamente in Dio. Si tratta di un nuovo genere di evento, che apre la storia al di là di se stessa e crea una novità che rimane definitiva.
Va al di là della storia, ma lascia una impronta nella storia (confronta Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, seconda parte, ed. Libreria Editrice Vaticana 2011, pp. 280-307).
Per noi, forse, è più facile parlare e vivere di queste impronte di risurrezione lasciate nella storia dai tanti santi che hanno vissuto la risurrezione di Cristo nella propria vita.
Allora quali sono i segni di risurrezione presenti nel nostro tempo e nella nostra vita? Dato che di solito, tra quelli lasciati dall’uomo, sono predominanti nella storia i segni di morte, bisognerà essere molto attenti per non confondere i segni di morte con i segni di risurrezione.
Alle volte si pensa che progresso e cultura possano oltrepassare i limiti della morte, ma poi ci accorgiamo quanto effimere e illusorie siano le conquiste della mente e della tecnica. Alle volte l’uomo pensa di dominare la vita e la morte e decidere in merito ad esse indipendentemente da un pensiero religioso e poi, sempre in ritardo, si accorge da quali sconfitte deve risollevarsi.
Altre volte pensa che la vita possa passare attraverso l’uso delle armi e della potenza, magari senza aver sperimentato tutte le altre possibilità di cambiamento, e poi si accorge delle stragi – prodotte da fuoco amico o nemico, tanto che differenza fa? – compiute in nome della giustizia e della libertà.
Come scorgere, allora, la risurrezione nel nostro tempo? Quali gli indizi?
Credo che anzitutto il primo segno sia quello di rendersi conto che non siamo noi i fautori e i costruttori di vita. Solo Dio è autore di vita. L’uomo ordinariamente è costruttore di segni di morte, anche se pensa di migliorare la vita.
Il secondo aspetto è che la vita vera non è racchiusa nei concetti di vita che solitamente utilizziamo. La risurrezione è un altro concetto e un altro modo di vita. Se noi rimaniamo dentro i nostri ordinari concetti di vita non saremo mai capaci di vedere e vivere la risurrezione. Abbiamo bisogno di andare oltre, di vedere con occhi diversi, con gli occhi di Dio. Risurrezione è andare oltre la morte quotidiana, abbiamo bisogno di vedere la presenza di Dio oltre i nostri progetti.
Maria di Magdala ha riconosciuto Gesù risorto dalla sua voce, una voce che le aveva restituito dignità e grandezza; i discepoli di Emmaus lo hanno riconosciuto per la speranza e fiducia ritrovate; Pietro lo ha riconosciuto dalla misericordia usata nei suoi confronti dopo il tradimento; Giovanni lo ha riconosciuto semplicemente dal fatto di vedere i segni di morte lasciati soli e in disparte, abbandonati a se stessi. La vita era già altrove.
A ciascuno nella vita vengono dati i momenti e i modi di riconoscimento del risorto. Ognuno ha la possibilità dell’incontro.
Pertanto l’augurio è che ciascuno riconosca nella sua vita la presenza del Risorto e la comunichi agli altri.
p. Cristiano
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