Viviamo un’epoca di tante incertezze e poche o nessuna certezza; un tempo liquido, secondo Baumann, dove manca la solidità e la consistenza, dove sono scomparsi i punti di riferimento certi e condivisi, dove si fatica a ritrovarsi su certezze che non siano individualistiche.
Anche sul piano religioso e spirituale domina il relativismo e il fai da te.
Tutto questo lo stiamo vivendo da tempo.
Ma più che in una società liquida mi sembra che viviamo in una società vuota e desertificata. Vuota di idee e di ideali, vuota di pensiero e di filosofie, vuota di teologia e di spirito.
All’interno della globalizzazione, la caduta delle ideologie, delle filosofie e delle teologie è allo stesso tempo causa ed effetto di questo fenomeno.
Con la caduta delle ideologie abbiamo spento anche molti ideali, con la rinuncia alle filosofie abbiamo impoverito il pensiero, con il dissolversi delle teologie abbiamo ridotto il discorso religioso al solo ambito del privato e dell’etica individualistica.
La conseguenza è una specie di desertificazione della mente e dello spirito, di desertificazione della politica e del pensiero, specie nel mondo occidentalizzato. C’è chi pensa che l’illuminismo e la secolarizzazione siano dei valori e all’origine della postmodernità, in realtà credo siano all’origine della crisi e dei problemi attuali.
Tutto è stato svuotato di significato, viviamo di vuoto. Ma c’è anche qualcuno che riesce persino a rendere bello il vuoto, penso ad esempio a certe trasmissioni televisive, come pure a tanti discorsi politici, sia di maggioranza che di opposizione. Ma si può pensare lo stesso anche di tante trasmissioni radio e/o televisive religiose. Tutti a gareggiare per rendere bello il vuoto, tutti capaci di confezionare dei bellissimi contenitori anche senza contenuto. Così il vuoto rimane tale, sia in politica che nel pensiero, nella società come nella teologia.
Sappiamo che dobbiamo uscire da questa forma di impoverimento, a sua volta fonte di miserie umane, ma facciamo fatica a individuare la strada. Certamente non ha senso un semplice e nostalgico ritorno al passato, perché tra l’altro è impossibile. Contemporaneamente dobbiamo essere attenti a non cadere nelle forme demagogiche e mistificatorie così facili ai nostri giorni. Facile prospettare vie nuove che tali non sono.
Uno dei modi che nascondono e in parte mistificano il problema è quello di coltivare le forme esteriori, di curare il contenente anche in assenza di contenuto. Così tutto diventa spettacolo e intrattenimento, persino la religione.
Il peggior servizio che si posa fare alla religione è quello di trasformarla in uno spettacolo. Non basta pertanto la grande cura estetica delle forme per nascondere o sostituirsi al vuoto del contenuto.
Non sarà certamente questo tipo di bellezza che salverà il mondo.
Cosa fare per non essere preda del vuoto?
Abbiamo paura di guardare alle ricchezze del passato, per paura di tornare indietro. Ma d’altronde il vuoto attuale non ci può soddisfare.
Non conosco quali siano i passi da fare in politica per uscire da questa situazione, ma credo spetti ad altri fare proposte che siano ricche di sostanza e contenuto. Certamente la situazione meriterebbe di essere affrontata con rigore e urgenza.
Non sta a me cercare vie nuove nel pensiero filosofico, anche se riconosco la necessità che le generazioni nuove abbiano l’urgenza di fondare il loro essere e il loro agire su ideali perseguibili e comunitari.
Credo invece di poter dare il mio contributo nel cercare di tornare alla solidità del pensiero e della testimonianza religiosa, perché questo è il campo dove mi sento maggiormente impegnato e anche preparato.
Non essendo la prima volta che la chiesa affronta crisi simili o anche più gravi, una esperienza in proposito esiste e pertanto è utile trarne giovamento.
Dalle crisi medioevali la chiesa è uscita con i movimenti religiosi dei frati mendicanti, dalla crisi della modernità è uscita con gli istituti religiosi postridentini. Dalla crisi illuministica, razionalistica e anticlericale dell’800 è uscita con gli istituti missionari e di carità. C’è sempre lo Spirito all’origine di ogni riforma nella chiesa, e c’è sempre un movimento religioso da cui inizia il cammino di rinnovamento della chiesa, e ci sono sempre istituzioni religiose che aiutano in questo cammino.
C’è sempre un ritorno all’essenzialità e alla radicalità del vangelo,
c’è sempre un ritorno a delle regole condivise,
c’è sempre uno spirito missionario ed ecclesiale alla base di ogni riforma.
C’è sempre un ascolto pieno della Parola di Dio,
c’è sempre l’obbedienza alla Chiesa e allo Spirito,
c’è sempre una ricerca della verità nella carità.
Credo sia proprio tempo di una nuova riforma nella chiesa, ma non intesa in senso propagandistico e di adeguamento delle istanze cosiddette ‘moderne’ di certi gruppi culturali. Credo che nessuna riforma possa ritenersi tale se intesa come risposta a problemi che sembrano urgenti ma che in realtà non lo sono. Ogni riforma ha senso se in essa c’è un ritorno autentico al vangelo.
Questo deve essere il fondamento: per uscire dal vuoto attuale è indispensabile ritornare al Vangelo, al suo annunzio e alla sua testimonianza.
Ne saremo capaci? Me lo auguro. L’azione avviata dall’attuale pontefice va proprio in questo senso, verso una riforma sostanziale, di pensiero e di vita della chiesa. Seguire il suo insegnamento vuol dire camminare secondo lo Spirito verso il futuro.
p. Cristiano
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