Lc 15,1-3.11-32
Continua il tema della conversione e lo facciamo meditando uno dei testi più belli e famosi del Vangelo, la parabola del figlio prodigo o del Padre buono. Testo che merita di essere meditato ancora secondo le indicazioni di don Primo Mazzolari: “ritornare… è capire che bisogna uscire di nuovo” (La più bella avventura, ed. Gatti, Brescia 1934).
Tre sono le figure presenti, il Padre e i due figli, il giovane e il maggiore. I due figli sono coloro che ci rappresentano, come singoli o come comunità cristiane o non più cristiane.
Figura di confronto per tutti, di partenza e di arrivo, è e rimane sempre il Padre, cioè Dio.
Di fronte a lui c’è chi chiede libertà, autonomia, indipendenza. C’è chi vuole fare a meno di lui, non vuole più considerarsi suo figlio, e poi si ritrova a essere schiavo e ridotto da figlio di Dio a persona che condivide la vita degli animali più immondi.
Allora la prima domanda è: c’è libertà lontano da Dio? C’è dignità, crescita, maturità senza Dio? L’ateismo può essere una risposta al desiderio di libertà e di autonomia dell’uomo? Sembrerebbe di no, anzi. Lontano da Dio si finisce, dopo un periodo di dissoluta euforia, a essere non più figli ma servi, non più liberi ma schiavi. Sembrerebbe anche troppo facile applicare questi concetti alle nostre società post-cristiane, che credono di essere adulte, mature, democratiche, e in realtà nascondono schiavitù più sottili, vincolanti, e degradanti. Chi pensa che l’ateismo sia un passo avanti dell’uomo verso la libertà, in realtà rivela poi una forma di paganesimo peggiore di quanto lo fossero le antiche religiosità pagane.
C’è chi si rende conto, ed è il caso del nostro figliol prodigo, e chi non se ne rende conto, ed è il caso di quanti non riescono a pensare a un ritorno al Padre. C’è chi capisce che senza Dio non si è liberi, e c’è chi continua a fare il mandriano di porci credendo di essere persona libera e adulta.
Chi si rende conto che senza Dio si è ridotto alla schiavitù, e allora cerca la via del ritorno, spera anzi è certo del perdono del Padre, ed è pure disposto a non essere considerato più figlio, ma lavorante. E’ l’atteggiamento di chi rientra in se stesso, ascolta la coscienza, legge nel profondo del proprio essere e capisce la strada da fare, capisce che l’orgoglio deve lasciare il posto all’umiltà.
E’ questo l’atteggiamento della conversione, della capacità di rendersi conto della propria situazione e delle possibilità sempre offerte da Dio.
Dio in questo caso non fa nulla, lascia fare all’uomo. Lui resta in attesa, attende che l’uomo faccia tutto il suo percorso di conversione e di ritorno. Una volta che il figlio ritorna, allora il Padre si muove e restituisce dignità e onore al figlio ritrovato.
Diverso sarà il movimento di Dio con l’altro figlio: allora sarà lui a muoversi incontro al figlio, fuori casa, per farlo entrare.
Anche il figlio maggiore ha bisogno di un incontro nuovo con il Padre, deve convertirsi. Eppure ha speso tutta la sua vita per il Signore, è sempre stato al suo servizio. Ma non lo ha fatto con lo spirito giusto.
Era in casa, lavorava per il Signore, ma in realtà era fuori.
Ma allora chi è dentro e chi è fuori? Ma niente è fuori della paternità di Dio, e pertanto niente è fuori della chiesa (don Mazzolari).
In realtà tutti siamo sia dentro che fuori.
Dentro il cuore e la casa di Dio e allo stesso tempo fuori per i nostri errori.
E’ fuori il figlio minore: per scelta, per ricerca, per desiderio di diversità, forse per ricerca di libertà. Ma è nel cuore del Padre, nell’attesa del ritorno, del perdono, della reintegrazione nella dignità di figlio.
E’ fuori il figlio maggiore: per calcolo, per mancata ricerca del fratello, perché lo ha considerato morto e un bene per lui che il fratello fosse morto, perché la tranquillità della casa era garantita senza la presenza del fratello minore. E’ fuori perché ama la verità senza la carità. E’ fuori anche se ha ragione, è fuori perché non ha la carità.
Il fratello minore sa di non avere ragione, sa di non meritare nulla, ma confida nella misericordia e nella carità del Padre. Questa la sua forza e la sua salvezza.
Per tutti due i fratelli la figura centrale è quella del Padre, lui solo è in grado di accogliere e di farli rientrare in casa tutti e due.
p. Cristiano
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